Formazioni e conferenze: ha senso andare ad ascoltarle?

Come consulenti familiari, capita spesso di incontrare genitori. Proprio domenica scorsa, ne ho incontrati una trentina e ho proposto loro una riflessione sull’autostima come focus educativo. Abbiamo lavorato insieme per circa tre ore. Tante o poche? Dipende, dipende sempre.

Quando preparo un incontro, mi pongo alcuni obiettivi:

  1. Arrivare all’incontro sufficientemente sereno da essere piacevole.
  2. Proporre qualcosa che tenga alto l’interesse delle persone.

Il primo obiettivo migliora col tempo. Più incontri formativi faccio, più acquisisco esperienza più sono tranquillo, ciò mi permette di mantenere uno stile sereno e favorire un clima disteso.

Il secondo obiettivo richiede sempre un certo sforzo. Bisogna individuare un tema generale interessante e aggiungere tutte le informazioni e le nozioni necessarie affinché possa essere compreso al meglio.

Tre ore possono essere poche per presentare tutto quanto necessario, ma allo stesso tempo troppe per mantenere viva l’attenzione. Alla fine, come spesso accade è una questione di equilibrio ma a me resta sempre il dubbio su quanto e come l’incontro possa essere significativo.

Nei giorni successivi mi confronto con i colleghi: come è andata, come hai trattato gli argomenti, quali attivazioni hai proposto, ecc. Ad un certo punto, esprimo i miei dubbi sull’utilità di questi momenti formativi così brevi ed estemporanei. Qualcuno cerca di incoraggiarmi, sottolineando l’importanza per i genitori di frequentare momenti formativi, poiché non tutti possono o desiderano fare percorsi formativi lunghi. Qualcosa resta.

Così, come un fulmine a ciel sereno, mi è tornato in mente Massimo, capo di esperienza. Al mio primo campo di formazione scout, quando mi sembrava di non capire niente, mi propose la metafora del setaccio.

Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?

Fu questa la domanda che un allievo una volta fece al suo Maestro.

Il Maestro in quel momento non rispose. Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.

L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica. Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò a compiere questo assurdo compito. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua da portare al suo Maestro, non riusciva a fare nemmeno un passo verso di lui che già nel setaccio non ne rimaneva neanche una goccia.

Provò e riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce dalla riva fino al proprio Maestro, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e si perdeva lungo il tragitto.

Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito” “No – rispose il vecchio sorridendo – tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi lo ha ripulito”

“Quando leggi dei libri – continuò il vecchio Maestro – tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume”

“Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”.

La conclusione mi pare possa essere questa: è importante che i genitori si incontrino, si formino, ascoltino, si confrontino sulla loro azione educativa. Anche questo pulisce il setaccio.

Perciò, è importante che qualcuno proponga questi momenti di formazione, anche brevi.

Approfondimento a cura di

Damiano Quarantotto

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