compassione

Approccio compassionevole

Dopo il tema dell’autostima affronto in queste poche righe il tema dell’approccio compassionevole, o meglio il tema dell’autocritica e della vergogna.

Paul Gilbert, psicologo clinico britannico, ha sviluppato la Terapia Focalizzata sulla Compassione per affrontare l’autocritica e promuovere il benessere attraverso l’adozione di un atteggiamento compassionevole verso se stessi e gli altri.

La differenza tra vergogna e colpa

Quando ho affrontato questo studio ho trovato molto interessante la distinzione che viene fatta tra la vergogna e la colpa.

Secondo l’autore colpa e vegnogna si possono distinguere in modo molto semplice:

  • La colpa genera un desiderio di risarcimento: sto giocando con un amico e gli strappo la giacca, è mio desiderio rifondere il danno. Questa è colpa.
  • La vergogna genera un desiderio di essere reintrodotti, nuovamente accolti, nella società: durante un’assemblea dico qualcosa che viene considerato inopportuno e tutti mi guardano a dir poco straniti, provo vergogna sento di non essere adeguato, di non essere parte del gruppo, il desiderio che provo è di essere nuovamente accettato, potrei per esempio scusarmi o cercare di dire qualcosa che compensi quanto detto prima. Ecco che potrei pensare: “come sono scemo”, “sono il solito”, “non ce la posso fare”; questa è l’autocritica.

Il superamento dell’autocritica

Gilbert evidenzia l’importanza di superare l’autocritica, quella voce interiore che spesso giudica e critica severamente le nostre azioni, i nostri pensieri e comportamenti. Sottolinea che l’autocritica può essere dannosa per la salute mentale, contribuendo a sentimenti di ansia e depressione che abbassano l’autostima. Per contro, coltivare la compassione verso se stessi implica sostituire all’autocritica un approccio più gentile e comprensivo. Questi concetti sono sostenuti anche da Jhon Kabat Zinn, fondatore della Stress Reduction Clinic e un’autorità in tema di Mindfulness.

Atteggiamento compassionevole

L’atteggiamento compassionevole consiste nel trattare se stessi con la stessa gentilezza e comprensione che riserveremmo ad un amico in difficoltà. Non significa ignorare gli errori o evitare la responsabilità, ma piuttosto affrontare le sfide con un approccio più amorevole, consapevoli dell’essere limitati e pertanto fallaci. La compassione verso se stessi implica riconoscere l’umanità condivisa, accettando che tutti commettiamo errori e che nessuno è perfetto.

Un atteggiamento compassionevole contribuisce a ridurre il livello di stress e ansia, favorendo una maggiore resilienza emotiva. Inoltre, crea una base per la costruzione di un’autostima positiva, poiché ci si tratta con gentilezza anziché con durezza.

Questa teoria non si limita solo all’auto-compassione ma estende il concetto di compassione anche agli altri. Coltivare l’empatia e la comprensione verso gli altri contribuisce a creare connessioni più profonde e relazioni più appaganti, migliorando ulteriormente il benessere psicologico complessivo.

Gilbert identifica 3 sistemi emozionali:

  • Il primo è il sistema di protezione dalla minaccia o sistema rosso, responsabile di emozioni come rabbia, ansia, disgusto, tristezza, gelosia, invidia, vergogna, che ci aiutano ad affrontare i pericoli e a ristabilire o mantenere una condizione di sicurezza. Tale sistema si attiva nel momento in cui percepiamo segnali di minaccia e agisce attraverso particolari circuiti cerebrali quali l’amigdala e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA; Le Doux 1998). A questo sistema emozionale corrispondono un preciso stile attentivo (attenzione selettiva verso le possibili fonti di pericolo), uno stile di ragionamento orientato alla sicurezza, processi di memoria intrusiva e comportamenti protettivi (freeze, fight, flight e submission). Tutte queste sono risposte volte a migliorare la nostra capacità di difenderci dalla minaccia e dai pericoli.
  • Il secondo sistema è quello di ricerca di stimoli e risorse o sistema blu, responsabile di emozioni positive come piacere, eccitamento e soddisfazione di sé, che ci segnalano quando i nostri scopi sono stati raggiunti e soddisfatti e ci motivano o guidano nella ricerca di risorse per sopravvivere e vivere meglio.
    Questo sistema è connesso all’attivazione del circuito dopaminergico, che ci permette di sperimentare quella sensazione di benessere euforico ed energia che proviamo quando, ad esempio, superiamo un esame, vinciamo una competizione otteniamo una promozione al lavoro a lungo desiderata.
    Per Gilbert, all’interno di questo sistema, ritroviamo anche il concetto di autostima che, come anche altri ricercatori suggeriscono, garantirebbe emozioni di fiducia verso se stessi, che sono connesse a quanto ci sentiamo all’altezza di standard di adeguatezza o successo più̀ o meno auto-imposti. Sono quindi emozioni vissute positivamente, condizionate alla valutazione di adeguatezza a qualche tipo di standard e caratterizzate dalle normali oscillazioni a cui va incontro questo auto-bilancio delle nostre competenze.
  • Il terzo sistema, definito da Gilbert sistema calmante o sistema verde, sarebbe invece responsabile di emozioni come calma, tranquillità̀ e appagamento, che si sperimentano quando non dobbiamo difenderci da qualche minaccia o lottare per acquisire risorse o raggiungere standard.
    Questa sensazione di contentezza è connessa ad un’esperienza di sicurezza intrinseca che Gilbert definisce safeness e che si riferisce ad una sensazione di sicurezza e appagamento derivante dal sentirsi connessi agli altri, che si sviluppa in interazioni improntate al calore e all’affiliazione.
    A livello fisiologico l’attivazione di tale sistema corrisponde al rilascio all’interno del nostro organismo di endorfine e ossitocina. In particolare, l’ossitocina ha proprietà̀ ‘calmanti’ in quanto fa si che il bambino (e non solo) si calmi e si lasci confortare dalla presenza di una persona accudente (anche quando lo stimolo avversivo rimane nell’ambiente) oltre che aumentare la soglia del dolore, migliorare la funzionalità del sistema immunitario e digestivo, diminuire la sensibilità allo stress.


Auto osservazione gentile

La compassione può influire concretamente sull’autostima attraverso l’adozione di pratiche quotidiane che promuovono un atteggiamento compassionevole verso se stessi.

Ecco allora alcune indicazioni pratiche, di Kristin Neff e Christopher Germer, che possiamo considerare per implementare la compassione nella nostra vita quotidiana:

  1. Presta attenzione ai tuoi pensieri e alle tue reazioni interiori senza giudizio. Accetta che i pensieri e le emozioni siano parte normale dell’esperienza umana.
  2. Rifletti sulla comune umanità. Riconosci che le sfide, le difficoltà e gli errori fanno parte della condizione umana. Nessuno è perfetto, e ognuno affronta momenti di difficoltà.
  3. Parla con te stesso come faresti con un amico. Cambia il tono della tua voce interiore. Tratta te stesso con gentilezza, come faresti con un amico in difficoltà, anziché criticarti severamente.
  4. Pratica la mindfulness. La mindfulness può aiutarti a essere consapevole del momento presente senza giudizio. Praticare la mindfulness ti aiuta a sviluppare un atteggiamento più gentile verso le tue esperienze.
  5. Scrivi il diario della gratitudine. Ogni giorno, annota almeno tre cose per cui sei grato. Questo esercizio può contribuire a spostare il focus su aspetti positivi della tua vita, promuovendo la gratitudine e l’apprezzamento di te stesso.
  6. Confronta l’autocritica con l’auto-compassione. Quando ti critichi, prova a rispondere con gentilezza a te stesso. Immagina cosa diresti a un amico in una situazione simile e applica lo stesso approccio a te stesso.
  7. Celebra i successi. Apprezza e celebra i tuoi successi, anche quelli apparentemente piccoli. Riconoscere i risultati positivi contribuisce a costruire un’autostima più robusta.
  8. Connettiti con gli altri. Coltiva relazioni sociali positive. La connessione con gli altri può essere un importante sostegno emotivo e può contribuire a consolidare un senso di appartenenza e accettazione.
  9. Esplora i bisogni personali. Fai un inventario dei tuoi bisogni e desideri. Impegnati a soddisfare i tuoi bisogni in modo sano e costruttivo.
  10. Affidati ad un consulente familiare. Se stai affrontando sfide particolari e fatichi a portare la compassione nella tua vita quotidiana, potresti considerare di iniziare un percorso di consulenza. Possiamo offrirti supporto ed accompagnarti attraverso il processo di coltivare l’auto-compassione.

Queste pratiche nella nostra vita quotidiana possono contribuire a trasformare l’atteggiamento critico in un approccio più compassionevole, promuovendo così una maggiore autostima e benessere.

Approfondimento a cura di

Damiano Quarantotto

Pratica a Trieste e online

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